LA CRESCITA POST-TRAUMATICA. I cambiamenti positivi che possono nascere dal dolore
- psysos
- 21 lug 2021
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In Psicologia, un trauma è definito come un evento avverso potenzialmente in grado di originare nella persona che lo subisce una serie di reazioni e/o di disturbi psichici che perdurano oltre l’avvenimento traumatico stesso. Gli eventi traumatici sono definiti dai criteri diagnostici dell'American Psychiatric Association (APA, 2013) come eventi che comportano morte o minaccia di morte, gravi lesioni o violenza sessuale. L’esposizione può avvenire in diversi modi: ➢ attraverso l’esperienza diretta (la vittima vive il trauma in prima persona); ➢ assistendo ad un evento traumatico accaduto ad altri; ➢ venendo a conoscenza di un evento traumatico accaduto a una persona con cui si ha una relazione intima, ad esempio un componente della propria famiglia o un amico stretto, e in particolare ai caregiver primari nel caso dei bambini (la morte o la minaccia di morte deve essere stata violenta o accidentale); ➢ attraverso l’estrema e ripetuta esposizione a dettagli crudi dell’evento (ad esempio, nel caso dei primi soccorritori in seguito all’evento o di agenti di polizia durante le indagini), ma non tramite i media, ad eccezione che nei casi in cui anche ciò sia legato alla professione svolta. Il disturbo post-traumatico da stress (PTSD) è una possibile conseguenza dell’esposizione ad un evento traumatico. Tra i sintomi del disturbo vi sono ricordi ricorrenti, incubi, flashback accompagnati da paura e attivazione fisiologica (battito cardiaco accelerato, sudorazione, tensione muscolare…), tentativi di evitamento di situazioni che possano richiamare l’evento traumatico. Inoltre, possono verificarsi difficoltà a dormire, irritabilità, difficoltà a concentrarsi, ipervigilanza. Un evento traumatico è definito tale in quanto altera la normalità, la nostra realtà quotidiana; nel farvi fronte, ciascuna persona risponderà in maniera unica, e qualsiasi reazione, anche se particolarmente intensa, può essere considerata normale. Proprio per questo, non tutte le persone che sono state esposte ad un evento traumatico rimangono traumatizzate o sviluppano un disturbo post-traumatico. Sintomi emozionali, psicologici e/o comportamentali successivi ad un evento avverso potenzialmente traumatico sono infatti fisiologici. L’intensità delle reazioni varia da persona a persona. Oltre alle conseguenze negative, un numero crescente di studi rivela che molti sopravvissuti ai traumi sperimentano anche cambiamenti psicologici positivi (Calhoun & Tedeschi, 1996). La crescita post-traumatica è definita come l'esperienza soggettiva di un cambiamento psicologico positivo riportato da un individuo in seguito alla lotta contro un evento sfidante e complesso e alla grande sofferenza che ne consegue. Questo concetto si differenzia da quello di “resilienza”, definita come la capacità individuale di affrontare eventi difficili e di superarli. Il termine fu inizialmente utilizzato nel campo della fisica per indicare la capacità di un materiale di resistere a urti e sollecitazioni semplicemente deformandosi, per poi ritornare alla forma iniziale. Negli anni ’60, un gruppo di psicologi e psichiatri ha applicato il concetto di resilienza alle scienze umane: dal punto di vista psicologico, essa indica la capacità di adattarsi alla situazione anche in presenza di fattori di stress o traumi, mantenendo un equilibrio nel funzionamento psicologico nonostante possibili reazioni disfunzionali temporanee (Bonanno, 2004). Il 50% della popolazione mondiale si è ritrovata a fronteggiare, almeno una volta nella vita, un evento potenzialmente traumatico, ma solo l’8% di queste persone ha sviluppato un disturbo post-traumatico da stress (APA, 2000). Ciò naturalmente non significa che le persone che restano traumatizzate siano più deboli delle altre: ognuno di noi reagisce a suo modo ed ha un proprio “punto di frattura”, poiché la fragilità è propria dell’essere umano. Semplicemente questi dati possono fornirci la prova di come la resilienza, unitamente a diversi altri fattori protettivi (risorse fisiche, psicologiche e relazionali) sia efficace nel prevenire conseguenze più importanti in seguito all’esposizione ad un evento potenzialmente traumatico. Il processo di traumatizzazione avviene infatti quando le capacità di resilienza dell’individuo vengono sovrastate dall’accadimento. Quando parliamo di crescita post-traumatica, invece, intendiamo che l'individuo non solo è riuscito ad adattarsi e sopravvivere al danno, ma ha anche sperimentato e acquisito cambiamenti positivi importanti: non è semplicemente un ritorno alla base, alla “normalità”, quanto piuttosto un'esperienza di miglioramento che per alcune persone si configura come molto profonda, e che può avvenire in tre sfere principali: nella percezione di sé, nelle relazioni interpersonali e nella filosofia di vita (Tedeschi, Park & Calhoun, 1998).
Percezione di sé
Le vittime o i superstiti smettono di sentirsi tali e di “sopravvivere”, ricominciando a “vivere” con la consapevolezza di aver affrontato con successo un evento molto complicato. Questa nuova visione può comportare un incremento della fiducia in sé stessi e nelle proprie capacità. Infatti, l’aver superato una situazione traumatica può far sentire più forti, ma anche maggiormente vulnerabili, poiché la sofferenza sperimentata deriva da cause non necessariamente controllabili o prevenibili (Janoff-Bulman, 1992). Tuttavia, molte persone riferiscono di sentirsi maggiormente capaci di sopravvivere alle grandi sfide della vita (Calhoun & Tedeschi, 1999). Relazioni interpersonali
La persona vittima di un trauma può vivere cambiamenti positivi anche per quanto riguarda le relazioni interpersonali: potrebbe svelarsi una maggiore intimità con i propri cari, come il partner o la famiglia, oppure una spinta a creare nuovi legami. Inoltre, il senso di vulnerabilità sperimentato può favorire l’espressione di emozioni, l’accettazione di un aiuto, l’empatia o l’altruismo (Pietrantoni e Prati, 2009): altre esperienze spesso riportate dai sopravvissuti ai traumi riguardano infatti il bisogno di parlare degli eventi vissuti, che favorirebbe l’instaurarsi di relazioni interpersonali, ed un maggiore senso di compassione per coloro che si ritrovano ad affrontare difficoltà importanti.
Filosofia di vita
La minaccia alla propria vita può tradursi in un maggiore apprezzamento di essa e in una riformulazione delle proprie priorità. Le nostre convinzioni sulla vita e la morte possono essere influenzate in diversa misura dagli eventi traumatici; le persone che affrontano un trauma possono essere più propense ad impegnarsi cognitivamente ponendosi domande esistenziali sulla morte e sullo scopo della vita. Cambiamenti comunemente riportati riguardano l’apprezzamento delle piccole cose e una tendenza ad approfondire la propria spiritualità. Il contenuto specifico di quest’ultima varia, naturalmente, a seconda del sistema di credenze iniziali dell'individuo e dei contesti culturali entro i quali si verifica l’evento. Nonostante le domande che l’evento negativo suscita (“Perché accadono eventi traumatici?”, “Qual è il senso della mia vita ora che questo trauma si è verificato?”, “Perché dovrei continuare a lottare?”) restino spesso irrisolte, affrontare queste riflessioni può generare una soddisfazione nei sopravvissuti, permettendo loro di sperimentare un livello di consapevolezza più profondo. Le riflessioni sui propri traumi e sulle loro conseguenze sono spesso spiacevoli, ma necessarie per ricostruire l’evento e stabilire una prospettiva di vita più ampia e saggia che tenga conto di queste difficili circostanze. Gli individui che sperimentano livelli significativi di crescita post-traumatica non necessariamente sperimenteranno in maniera proporzionale una diminuzione dei loro livelli di sofferenza o un aumento dei loro livelli di felicità. Inoltre, il post-trauma può richiedere periodici e spiacevoli richiami cognitivi di ciò che è andato perduto, ma, in modo apparentemente paradossale, anche di ciò che è stato guadagnato. La crescita post-traumatica descrive quindi l'esperienza di individui il cui sviluppo, almeno in alcune aree, è andato incontro a dei miglioramenti rispetto al periodo precedente il verificarsi della situazione traumatica.
Alcune obiezioni rispetto al costrutto della crescita post-traumatica riguardano il fatto che i cambiamenti positivi possano essere riconducibili esclusivamente ad alcuni meccanismi di difesa, come la negazione della sofferenza; tuttavia, le vittime di un trauma riferiscono gli aspetti sia negativi, riconoscendoli, sia positivi. Inoltre, alla crescita post-traumatica si associano cambiamenti nelle risorse sia esterne (sostegno sociale) che interne, come un cambiamento nella personalità (Pietrantoni & Prati, 2009). Un’ulteriore critica considera la crescita post-traumatica unicamente come il risultato di una valutazione sbilanciata a favore del presente: le persone tenderebbero cioè a valutare come migliori le loro condizioni attuali rispetto a quelle passate. Tuttavia, questo accade soprattutto nel caso di un evento di rottura positivo anziché di natura traumatica. E’ possibile, quindi, che eventi drammatici possano modificare positivamente alcuni aspetti della vita di chi vi è stato esposto; la “ricostruzione” (non solo fisica) è un processo che implica grande sofferenza ma da cui possono svilupparsi anche aspetti positivi. Naturalmente, non tutte le persone che affrontano esperienze traumatiche vivono poi cambiamenti positivi; nella traiettoria di sviluppo intervengono infatti anche fattori personali e ambientali. Tuttavia, abbiamo dimostrato più volte di saper essere resilienti: possediamo cioè risorse e capacità per affrontare situazioni anche estremamente complesse, seppure queste implichino dolore e sofferenza. Ma quando ci sentiamo sopraffatti dagli eventi e dalle emozioni e abbiamo bisogno di un aiuto per affrontare un’esperienza negativa o traumatica, il miglior gesto che possiamo fare verso noi stessi è quello di rivolgerci ad un professionista della salute mentale, senza mai vergognarsene.
Dott.ssa Martina Verrilli - Psicologa
BIBLIOGRAFIA
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